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0137. PSICOLOGO. Benessere in ospedale

0137. PSICOLOGO. Benessere in ospedale

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«Mio figlio è stato ricoverato in ospedale per un periodo di cure. Ho trovato un ambiente davvero speciale. I medici e gli infermieri sono stati molto capaci sia nel dare le cure mediche che nell’attenzione a mio figlio come bambino. In più la stanza era abbellita con dei paesaggi, delle immagini che ci hanno fatto compagnia durante la lunga degenza. Pensi che mio figlio si divertiva ad inventare delle storie e ho pensato al valore aggiunto di questa nota artistica. Cosa ne pensa?» Un genitore

 

Benessere e ospedale sono parole spesso collegate. L’ospedale è il luogo in cui si va per essere curati, per ritornare a stare bene: la cura e la terapia vengano viste in modo assertivo, si ricevono, vengono date e spesso non ci si sofferma abbastanza sul punto di vista di chi le riceve, di chi a volte è spettatore della propria riabilitazione. Con benessere viene invece inteso in maniera più estesa l’intero vissuto psicocorporeo del paziente, lo stare bene non solo come risposta al farmaco, ma come possibilità di sentirsi curato e di poter partecipare in modo attivo e consapevole.  Il benessere di una persona in fondo riguarda la sua totalità psicocorporea, dove la salute del corpo aiuta la salute della mente e la salute della mente aiuta la salute del corpo.                                        

E’ importante per i bambini e i ragazzi in ospedale che gli adulti ascoltino, sostengano, curino, trasformino proprio gli aspetti meno concreti, che non si vedono ma si sentono e sono fondamentali per lo sviluppo: le emozioni. Infatti l’ospedalizzazione e la quotidianità che deriva da questo particolare vissuto sono esperienze alienanti che impongono una realtà parallela alla propria vita e alle proprie abitudini. Di colpo ci si ritrova obbligati a lasciare la propria casa, la classe, gli amici, i punti di riferimento e se questo particolare momento di vita non viene elaborato ed integrato nel giusto modo rischia di creare fratture e ulteriori difficoltà nella gestione di questa esperienza.

Diventa oltremodo importante sentire l’ambiente fisico circostante come una dimensione di cura e di benessere, come una presenza che fa compagnia. L’ambiente può diventare un’educatore/infermiere in più, una cura in più. Curare non significa solo guarire: è importante riconoscere il bisogno di sentirsi accolti all’interno di un contesto che si occupi non solo del corpo sofferente con le terapie, ma anche del benessere psicologico con stimoli e spazi per poter costruire la propria esperienza, il proprio cammino attraverso il coinvolgimento della fantasia e della creatività, utilizzando un linguaggio comprensibile, fatto non di discorsi razionali, ma di immagini che diventano storie contenitrici del significato del proprio mondo interno (le emozioni) ed esterno (“dove siamo?”) utili a vivere il qui ed ora dell’esperienza.

Per farmi capire cito “Lo stralisco” di Roberto Piumini, un affascinante e importante racconto che esprime molto bene quanto le storie che nascono dalle immagini accompagnano il vissuto nella malattia. La vicenda si svolge nell'antica Turchia dove viveva, nella terra di Nactumal, un potente signore, il burban Ganuan con il figlio Madurer. Madurer è un ragazzino di quasi undici anni affetto da una rara malattia che gli impedisce di vivere all'aria aperta e di vedere la luce. Il padre, per il suo undicesimo compleanno, vuole fargli una sorpresa che è certo lo renderà felice.

Invita così al suo palazzo un pittore di nome Sakumat per abbellire le pareti delle stanze, dove è costretto a vivere rinchiuso il figlio, con figure e colori. Il pittore accetta e nasce subito una grande amicizia tra lui e il ragazzino. Insieme decidono, volta per volta, cosa dipingere in base a quello che il ragazzino racconta di aver visto sulle illustrazioni dei libri o di aver sentito dai racconti che gli hanno detto. Nascono così il cielo, le montagne e i prati che cambiano a seconda delle stagioni e tra il verde Sakumat dipinge una strana erba, lo stralisco, una specie di pianta-lucciola dalle spighe come quelle del grano che splende nelle notti serene. E ancora il mare, gli animali, le capanne, i sentieri e tante cose ancora.

L’arte figurativa diventa quindi terapia, apertura e possibilità di andare oltre ai muri delle proprie stanze. Il linguaggio non verbale di un’immagine permette un approccio al benessere inteso come una nuova modalità di incontro, sostegno e cura volta non solo a soddisfare una richiesta esplicita, ma anche a supportare il desiderio di autonomia personale e la volontà di reagire nei confronti della malattia e del suo contesto. L’immagine artistica diventa una possibilità per rielaborare la propria esperienza di vita e le emozioni che in essa accadono!

Client

dott. Mauro Ambrosini, psicologo

Date

08 Ottobre 2022

Tags

Educare

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