Convento di S. Maria Incoronata
in Martinengo

Anima Loci

La Visita

Il primo spazio che visitiamo è la Chiesa. Visitare un complesso artistico vuol dire immergersi nella storia di cui è intessuta e nei ‘sogni’ di chi l’ha costruito. Alla fine questo Convento con la sua Chiesa è un LIBRO da LEGGERE e da interpretare. Le storie racchiuse evocano l’esperienza di umanità e di fede che una lunga schiera di persone ha vissuto, dal quattrocento ad oggi.

Il complesso dell’Incoronata è espressione dell’architettura francescana lombarda del XV secolo. Una decorazione, composta di archetti di terracotta pensili intrecciati, aggira all’esterno tutto il perimetro della costruzione, abside e campanile compresi.

La torre campanaria, inserita nel corpo absidale e avente alla sommità una guglia conica coperta con elementi in cotto, è contemporanea alla costruzione della chiesa. Attualmente vi sono incasellate 5 campane, dono di don Pietro Pellegrinelli di Bergamo.

La chiesa è stata consacrata dal vescovo Ludovico Donato il 3 novembre 1476 col titolo di S. Maria Incoronata, nel primo anniversario della morte del Colleoni.

I FRATI MINORI OSSERVANTI che abitarono il Convento dal suo sorgere, nel 1598 lasciano il posto ai FRATI MINORI RIFORMATI, religiosi che aspirano a una vita spirituale più radicale per imitare e amare Gesù.

Quando nel 1810 Napoleone I decreta la soppressione di tutti gli istituti religiosi, il Convento deve assoggettarsi alla sentenza. Tra i molti beni (arredi, quadri, calici, paramenti) con i quali il Colleoni aveva impreziosito il Convento, diverse opere furono trafugate e finirono alla Reale galleria di Brera a Milano. Per alcuni decenni il complesso passò in mano a privati e al Comune per l’alloggiamento di truppe. Dopo diversi passaggi di proprietà, con relative spoliazioni, nel 1868 chiesa e convento vengono acquistati dalla Congregazione della Sacra Famiglia, fondata santa Paola Elisabetta Cerioli che si incarica di restituire al complesso il suo splendore.

L’ultimo intervento di restauro del Convento dell’Incoronata (ottobre 1998 - giugno 2000) è stato coadiuvato dalla Sovrintendenza alle Belle Arti della Lombardia. I lavori hanno interessato gli affreschi, i muri perimetrali e il consolidamento statico dell’intera struttura, oltre agli arredi del presbiterio, alla pavimentazione in chiesa e nel chiostro.

La facciata presenta due snelle monofore ad arco acuto trilobato. Il vano della porta d’entrata è ad arco a pieno centro con semplice nervatura in arenaria recante nella lunetta un affresco di stile giottesco che raffigura la nascita di Gesù attorniato da angeli in adorazione con la Madonna e San Giuseppe. Nell’architrave è presente il simbolo del sole di S. Bernardino con il trigramma IHS che evoca l’eucarestia: lo ritroveremo anche in altre tappe del nostro percorso.

Image
.

L’interno della chiesa presenta una sola navata, con due vaste Aule, con quattro cappelle laterali abbellite da affreschi di notevole pregio.

La prima AULA detta <aula pubblica> era per i fedeli, mentre la seconda AULA detta <aula conventuale o sacra> costituisce la chiesa conventuale vera e propria, alla quale i frati accedevano dalla porta del Chiostro

Le Cappelle nelle chiese dei Frati Osservanti sono sempre dal lato opposto a quello contiguo al convento, rispettando lo stile di San Bernardino.

 

[ARCO TRIONFALE CON CROCIFISSIONE]. Entrando in chiesa il visitatore resta meravigliato dello stupendo affresco della Crocifissione che appare di splendida bellezza e chiarezza di colori su tutta la parete orientale.

Il risalto assegnato alla Crocifissione si spiega con la speciale devozione francescana per il culto del Cristo Crocifisso e della Passione. Fu proprio il francescano S. Bernardino da Siena predicatore anche in queste zone, e soprattutto a Treviglio- nel ‘400, a rilanciare l’antica devozione di S. Francesco per il Crocifisso. L’affresco del 1620 è opera di Pietro Baschenis.

La parete è suddivisa in cinque riquadri, uno maggiore nel mezzo, due minori da ambo i lati. Quello di mezzo rappresenta la Crocifissione, ornato e chiuso da cimasa a chiaroscuro con, in alto, un pellicano nel tondo di mezzo, simbolo dell’amore di Gesù che ‘dà la sua carne per la vita del mondo’.

Sul lato sinistro è raffigurato Cristo nell’Orto degli ulivi e Flagellato; dall’altro Coronato di spine e che sale il Calvario.

Nello scomparto centrale la Vergine, ritta a sinistra della croce, volge al cielo gli occhi pieni di dolore. Santa Maria Maddalena sta inginocchiata, mentre una folla di guerrieri a cavallo con lance e gonfaloni riempie tutto lo spazio fra le tre croci. Il cattivo ladrone, a destra, si contorce negli spasmi dell’agonia, l’altro, con volto composto e dolce calma, si rassegna al medesimo patire del Cristo.

È un magistrale dipinto, corretto nel disegno, spigliato nelle movenze, nel drappeggio, espressivo nei volti e brillante nella tavolozza. È facile osservare la delicata e primaverile sensibilità dei toni, nonché, la trasparenza del colore.

Sui due pilastri grandeggiano le figure bellissime di Santa Agata, a destra, patrona del paese di Martinengo, e di San Giorgio, a sinistra.

Al di sotto S. Agata possiamo vedere il Cristo che emerge dal sepolcro [CHRISTUS PASSUS. Quale significato?]  con, in secondo piano, i simboli della passione.

Image
.

CAPPELLA DI SAN FRANCESCO

Sulla parete di facciata, l’affresco con S. Francesco e Angeli. È di scuola bembesca (fine ‘400). Gli altri affreschi sono opera di Pietro Baschenis - primi anni del ‘600 -, così come l’affresco della Crocifissione del tramezzo.

L’affresco sopra l’altare subì mutilazioni, specie nella parte superiore, del tutto perdute. Il santo di Assisi è raffigurato a palme aperte e in atto di estendere le stigmate. Mancano i piedi. Francesco è come sorretto e trasportato da due angeli, mentre altri, lateralmente, sventolano cartigli con iscrizioni in lingua volgare d’influsso dialettale che si riferiscono a fatti comparati della vita di Cristo e del Santo di Assisi.

Al sommo della parete è riconoscibile un Pantocrator che testimonia come il dipinto volesse rappresentare la glorificazione del Santo. A causa di manomissioni, sono visibili soltanto i piedi e l’estremità inferiore della tipica mandorla nimbata, che è qui circondata da un concerto di angeli, di cui quattro chiaramente visibili coi relativi strumenti: (da sinistra) tamburello, policordo, arpa da braccio e salterio.

Nel sottarco sono raffigurati i sei frati che per primi furono inviati nel 1219 da San Francesco in Marocco.  Cinque di essi sono rappresentati con la scimitarra in testa a causa del martirio che avvenne il 16 gennaio 1220. Sotto i sei santi, vi sono Santa Chiara e S. Elisabetta d’Ungheria, due sorelle clarisse.

I quattro medaglioni della volta rappresentano fatti della vita di San Francesco: ragazzo che prega; giovane che si denuda per ridare tutto al padre (a sinistra); che ottiene l’approvazione della Regola e sorregge la chiesa come sogna il papa.

Piacevoli sono sulle pareti laterali alcune scene della vita di Francesco. In alto a destra, Francesco assorto in preghiera. Sotto, Francesco sulla barca, mentre predica al popolo. E sul monte della Verna mentre riposa insieme ad alcuni confratelli a contatto con la natura. Sulla parete opposta il Santo morente sdraiato a terra, circondato da confratelli.

L’attuale altare marmoreo, eseguito nel 1992, è opera dello scultore Giacomo Benevelli del quale nel Convento sono presenti altre opere.

Le due lapidi nella cappella ricordano due padri della Sacra Famiglia, p. Davide Mosconi e p. Angelo Orisio, superiore generale dal 1900 al 1941. Quest’ultimo dà il nome alla scuola media in questa sede funzionante.

 

CAPPELLA DI SANTA PAOLA ELISABETTA CERIOLI

Questa Cappella fino al 1950 era dedicata a Sant’Antonio di Padova. Con la beatificazione della Santa (19 marzo 1950) la cappella è dedicata a Santa Paola Elisabetta Cerioli, fondatrice della Congregazione della Sacra Famiglia (canonizzata nel maggio 2004).

Santa Paola Elisabetta vive dal 1816 al 1865. Fu sposa a 19 anni, madre di quattro figli, morti precocemente uno ad uno, prima del marito molto avanzato in età, consacrata e fondatrice del ramo maschile e di quello femminile della Congregazione della Sacra Famiglia.

I religiosi della Sacra Famiglia hanno come carisma apostolico quello di educare: educare annunciando la paternità e la maternità universale di Dio, così come risplende nei personaggi della Santa Famiglia, Gesù, Maria e Giuseppe. Il carisma apostolico dei religiosi si concretizza nel farsi prossimo di coloro che sono impediti di abitare il mondo, dando loro un avvenire, specialmente se piccoli ed abbandonati. I religiosi operano, quindi, in centri educativi, in scuole, in parrocchie, in missioni in Brasile e in Mozambico, con lo scopo di dare ai bambini, ai ragazzi e ai giovani, come diceva la Fondatrice, una ‘seconda creazione’.

Al centro della Cappella la pala del martinenghese Gerolamo Poloni dedicata alla glorificazione della Fondatrice. Il dipinto fu eseguito nel 1950, anno in cui Pio XII beatificò la Cerioli.

L’altare ligneo, finto marmo, con tutto l’apparato superiore, è opera di Giuseppe Caniana della Valle Seriana (Bg). È un’opera del 1740, lo stesso anno in cui venne commissionato l’altare maggiore della chiesa, ora collocato nella Cappella adiacente alla sagrestia.

È dal 1868 che la Congregazione della Sacra Famiglia è proprietaria del Convento e lo fa rivivere nel tempo.

 

CAPPELLA DI MARIA IMMACOLATA

Gli affreschi della cappella permettono di individuare alcune scene della vita della Maria.

L’affresco sulla parete di fondo è della fine del ‘400 e presenta Maria Immacolata attorniata da angeli, alcuni dei quali musicanti. Sopra Maria vi è lo Spirito Santo.

Gli affreschi sulle pareti laterali, di fine ‘500-inizio ‘600, sono di mano ignota. Nella parete di sinistra in alto vediamo la scena dell’annunciazione. Sotto Zaccaria, marito di Elisabetta, in preghiera. Accanto la scena domestica del bagno del piccolo Giovanni Battista.

Nella parete di destra è rappresentata la visita di Maria alla Parente Elisabetta, con Zaccaria in piedi e l’evangelista Luca, unico tra i quattro a narrare la visitazione, mentre scrive.

Sotto un affresco in parte cancellato dal tempo.

 

CAPPELLA DELLA SANTA FAMIGLIA

L’altare di legno, di stile barocco, precedentemente altare maggiore nel presbiterio, fu qui traslocato nel 1971.

La Santa Famiglia è una pala ed eseguita nel 1977 dal pittore martinenghese vivente Sergio Fasolini.

Questo altare ligneo, ricco di intarsi fu ordinato nel 1740 da fra’ Bonaventura, guardiano del convento, e lo realizzò Giuseppe Caniana di Alzano, in Valle Seriana (Bg). Il tabernacolo intarsiato con madreperla è di Caterina Caniana. La parte frontale inferiore dell’altare presenta disegni geometrici artigianali.

Sulla parete destra un quadro della fine del ‘600 rappresentante la Santa Famiglia di Maria, Giuseppe e Gesù fanciullo. Il quadro è di provenienza lombardo-veneta.

La sagrestia attigua è di fattura posteriore rispetto alla struttura della chiesa.

 

L’ANGELO CUSTODE E LA TRINITÀ

Sul pilastro destro della Cappella di S. Francesco è affrescato un Angelo custode, che accompagna il piccolo TOBIA. Sopra una piccola Trinità. L’affresco è attribuibile ad Antonio Baschenis, padre di Pietro.

Sotto l’Angelo sono visibili tre diverse stratificazioni di affreschi che testimoniano il susseguirsi nel tempo di diversi apporti.

 

LE CANCELLATE

Degne di nota sono le cancellate in ferro delle tre cappelle. Esse presentano decorazioni tipiche del ‘500. Una triplice cancellata chiudeva, fino agli anni ’60, i tre archi a sesto acuto per distinguere le due aule e tenere separati i religiosi dai fedeli.

Image
.
  1. Pittore ignoto XVII secolo, SAN GIROLAMO PENITENTE, cm 198x145 cornice compresa, restaurato agosto 2022.
  2. Domenico Carpinoni, SS. Trinità con San Francesco e S. Alessandro, alfiere- un guerriero, patrono della diocesi di Bergamo. Il quadro della SS. Trinità è di notevole qualità e ben conservato. Rappresenta il Crocifisso, sovrastato dal Padre e dalla colomba dello Spirito Santo; San Francesco e un guerriero. Interessante, per naturalezza, è l’atteggiamento del Santo e il nudo del Cristo. Il guerriero è S. Alessandro, alfiere, patrono della diocesi di Bergamo. Domenico Carpinoni è l’autore del quadro. È databile a fine XVI, inizio XVII sec.
  3. S. Bernardino e santi francescani in adorazione dell’eucarestia e della croce. L’autore potrebbe essere Giovan Battista Carobio di Nembro; metà del ‘700.
  4. Maria Immacolata con i genitori Gioacchino ed Anna. Il quadro è del pittore Giovan Battista Carobio di Nembro ed è stato eseguito nel 1747.
  5. la Madonna con il Bambino. Sotto sono rappresentati il francescano S. Luigi di Angiò, vescovo di Tolosa, e S. Salvatore da Horta risanatore di malati. Alcune caratteristiche compositive fanno pensare a Francesco Salmeggia, figlio di Enea, operante in Martinengo nel 1626.
  6. [sopra portale d’ingresso] La glorificazione di Maria. Vi sono rappresentati la Madonna col Bambino attorniata da putti; sotto, da sinistra, S. Pietro, S. Francesco e S. Caterina. Autore di scuola lombarda del primo ‘600.

I cinque quadri sono stati restaurati da Francesco Belotti di Brembate Sopra (Bg).

Image
Image
.

Nella seconda Aula <sacra o conventuale> individuiamo sopra di noi una volta a vela a pianta quadrata.

I quattro grandi medaglioni sono stati eseguiti da Gerolamo Poloni di Martinengo, nel 1910, lo stesso artista che quarant’anni più tardi dipingerà Santa Paola Elisabetta Cerioli nella sua cappella, in occasione della ‘beatificazione’ (1950).

L’altare con gli accessori del presbiterio in bronzo e legno e, ai nostri lati, la via crucis, sono opere dello scultore Giacomo Benevelli. Sotto la via crucis vediamo il coro ligneo dei primi del ‘500. Prima degli ultimi restauri era situato nell’Abside, e  ricopriva la scacchiera di colori.

 

IL FRONTALE

Il grande affresco parte, da sotto, con i due riquadri laterali corrispondenti, e si svolge poi nella parte superiore fino al sommo dell’arco trionfale. Nel riquadro alla nostra sinistra vediamo MARIA IN TRONO CON IN BRACCIO IL BAMBINO e accanto due sante.

Nel riquadro alla nostra destra vediamo i tre santi francescani, che sembrano come sospesi sul pavimento:

  • Francesco al centro, con il libro aperto sui tre voti di obbedienza, castità, povertà;
  • a destra S. Bernardino da Siena, predicatore indefesso della Toscana, del nord Italia e anche nel bergamasco, nella prima metà del ‘400. Il santo regge il celebre trigramma (IHS), simbolo eucaristico detto “sole di S. Bernardino”. Lo stesso simbolo decora come medaglioni l’abside.
  • a sinistra, Antonio da Padova.

Nei pennacchi una prospettica visione di Città quattrocentesca e nel centro lo Spirito Santo, attorniato da Angeli in volo, si dirige verso la vergine Maria orante che ha accettato l’annuncio della maternità di cui l’arcangelo Gabriele porta il giglio simbolico.

Questo affresco della prima metà del ‘500 è opera di Antonio e Matteo ZAMARA di Chiari di cui recentemente si è scoperta l’identità.



Image
.

L’Abside è costituita da una volta a crociera, a sesto acuto, e un catino absidale su costoloni (nervature) rotondi decorati che prendono l’avvio da mensole angolari. L’artefice ha espresso un talento singolare nella freschezza e vivacità dei colori utilizzati che manifestano l’intento di raggiungere un equilibrio cromatico. Dominanti sono IL ROSSO, IL GIALLO E IL VERDE, colori che hanno un grande significato divino

Nel PRIMO SOTTARCO, sopra l’altare, i dodici Apostoli che riportano nei cartigli un articolo del Credo.

Nelle quattro vele vi sono otto grandi figure sedute sopra ricchi e gotici troni, visti in prospettiva. I quattro ‘dottori’ della Chiesa si alternano ai quattro evangelisti:

  • Gregorio Magno con la tiara
  • Luca, evangelista
  • Girolamo con lunga barba e manto violetto
  • Marco, evangelista
  • Ambrogio con mitria e con lo staffile [frusta a strisce di cuoio] nella destra,
  • Giovanni, evangelista
  • Agostino con la mitria
  • Matteo, evangelista

 

Sotto le quattro figure degli evangelisti vi sono i rispettivi simboli: l’angelo (Matteo), il bue (Luca), il leone (Marco), l’aquila (Giovanni).

Sotto le quattro figure dei santi dottori vi sono quattro profeti.

Nel SECONDO SOTTARCO sono raffigurate a tre quarti, da sinistra a destra: Santa Maria Maddalena, Santa Caterina da Bologna clarissa, Santa Chiara, Santa Agnese, Santa Agata, Santa Caterina d’Egitto, Santa Lucia e Santa Apollonia.

Nello spicchio centrale, in fondo all’Abside, non poteva mancare, in una chiesa francescana, il tema mariano glorioso della Incoronazione. L’affresco, che mostra Maria seduta in trono accanto a Cristo che la incorona, dà il titolo stesso alla chiesa e al Convento. L’affresco di Maria Incoronata è attorniato da più cori di angeli.

 

CHI È L’AUTORE DEGLI AFFRESCHI DELL’ABSIDE?

Fino al 2022 gli storici li attribuivano ad Andrea Bembo, fratello dei noti Bonifacio e Benedetto. Comunque -si diceva- si tratta di un autore della scuola bembesca. Ad ogni modo, siamo alla fine del ‘400-inizi del ‘500.

Altri hanno proposto un ipotetico autore che hanno definito MAESTRO DI MARTINENGO, pittore di spiccata personalità, che negli affreschi utilizza un “linguaggio” tipico del neogotico con ispirazione al Mantegna e alle reminiscenze medievali, bizantine, oltre che, naturalmente gotiche e tardogotiche. Lo pseudonimo “Maestro di Martinengo” è relativo al fatto che si pensava che avesse operato solo a Martinengo.

Si ritiene, inoltre, che si tratti del medesimo pittore dell’affresco col ritratto del Colleoni, precedentemente nell’Antica sagrestia di questo Convento e ora nel Luogo Pio a Bergamo.

Dal 3 dicembre 2022, grazie alla ripresa degli studi sulla nuova storia del Convento l’enigma del Maestro di Martinengo è stato sciolto grazie alle ricerche del dott. Gabriele Medolago e dei collaboratori della rete Coglia.

Da secoli si era persa memoria di chi avesse realizzato pregevoli affreschi al Convento dell’Incoronata e a Santa Chiara di Martinengo, oltre che altrove, fra Bergamo e Brescia.

L’enigma ha fatto discutere a lungo studiosi e ricercatori, ma invano, tanto che nel 1965 lo storico dell’arte Franco Mazzini ha definito questo artista «Maestro di Martinengo».

Documenti scoperti durante lo studio sul complesso dell’Incoronata, promosso dalla Congregazione della Sacra Famiglia e da altri Enti del progetto Coglia, ha consentito l’identificazione del «Maestro»: non un unico artista, ma due, padre e figlio, bresciani: Antonio e Matteo ZAMARA, con una cultura artistica fra gotico e rinascimento, segno anche delle due generazioni.

Ne è nata quindi una pubblicazione monografica a loro dedicata, frutto di tre anni di lavoro che verrà data alle stampe. La loro identità sarà rivelata durante la presentazione di questa scoperta e del volume.

 



Image
Image
.

Search