Convento di S. Maria Incoronata
in Martinengo

Anima Loci

La Visita

Il secondo spazio che visitiamo è il Chiostro nel quale sono disposti alcuni ambienti per la vita della Comunità francescana di un tempo, ma anche della Comunità religiosa di oggi. È un cortile interno di un monastero / convento, compreso tra la Chiesa e i vari fabbricati dei quali costituisce l’elemento di comunicazione e di disimpegno, cinto da porticati. È in definitiva uno spazio ‘intermedio’ tra la vita quotidiana e la vita di preghiera.

Nel complesso monumentale del nostro Convento, dei tre CHIOSTRI esistenti, oggi ne sono attivi due: il primo, quello d’ingresso, aveva la funzione di dare al convento un ingresso importante ed era lo spazio riservato all’ospitalità; il secondo per i frati; il terzo per i novizi che si preparavano a diventare frati. Soltanto il chiostro grande svolge la funzione vera e propria di chiostro che consiste nell’essere il cuore pulsante del convento/monastero. L’attuale grande chiostro fino al 1900 era suddiviso a metà da un porticato che fu abbattuto per erigere al centro un monumento a San Giuseppe. Dal 1968 al suo posto, al centro del chiostro, fu sistemato un pozzo, ora collocato nel chiostro piccolo. Solo i lati est e nord avevano il piano superiore; gli altri due erano coperti da basso tetto.

Ma cosa rappresenta il chiostro nella vita dei frati? Il chiostro ha una sua sacralità poiché svolge un ruolo fondamentale nella liturgia, nell’ufficio divino e nella meditazione dei monasteri. Questi ultimi, sia maschili sia femminili, hanno come fulcro il “claustrum”, inteso come luogo in cui l’uomo può incontrare Dio attraverso la meditazione, la “deambulatio”, la preghiera, il canto, la lettura, la riflessione a volte sollecitata da immagini pittoriche o scultoree significative da un punto di vista biblico o per la storia dell’Ordine.
 
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Nell’occasione della pubblicazione della nuova STORIA DEL CONVENTO dell’Incoronata e nell’anno 2023, i religiosi hanno ripristinato l’antica sagrestia della Chiesa del Convento, rimettendo copie degli affreschi strappati: una Crocifissione con S. Francesco e Bartolomeo Colleoni e le ‘vele’ di un profeta (Zaccaria?) e di un paggio (della corte del Colleoni?).


CROCIFSSIONE CON COLLEONI

L’affresco riveste un’importanza storica straordinaria: il dipinto, l’unico ritratto contemporaneo del condottiero bergamasco, probabilmente commissionato dallo stesso Colleoni, lo raffigura di profilo in atteggiamento di preghiera, all’età di circa settant’anni, con il berretto in mano e lo sguardo rivolto al Crocifisso.

Bartolomeo Colleoni sta di fronte a San Francesco. Questo affresco è collocato nell’antica sagrestia perché ogni volta che si celebrava la Messa ci fosse il ricordo di lui.

Il Colleoni fu uno dei più grandi condottieri del ‘400, uomo desideroso di primeggiare a tutti i costi. Consapevole com’era della sua tenacia e della sua forza di volontà, viene così descritto «più che di statura alta, vigoroso e possente. Con la testa piantata sul largo collo taurino (tozzo), gli occhi chiari, il naso forte, le narici grandi, il labbro sporgente, la bocca imperiosa dell’uomo atto al comando».

Autoritario come si conviene ad ogni condottiero di razza, il Colleoni fu anche magnanimo e ricco di sentimenti di pietà religiosa. In lui si fondono il desiderio di gloria e quella sete di spiritualità che lo portarono a progettare e realizzare imponenti opere, a sfondo religioso, e non solo. Negli ultimi anni della sua vita legò il suo nome a chiese e conventi costruiti o restaurati.

Nell'iscrizione inferiore si rilevano i meriti di Bartolomeo Colleoni e della moglie Tisbe, la riconoscenza dei frati e la data della sua morte: «Il valoroso capitano d’armi dell’eccelsa dominazione della serenissima Bartolomeo Colleoni nobile d’Angiò e di Bergamo uomo di illustre prosapia, signore di Martinengo, (...) adornò questo tempio di magnifici arredi per il culto divino, e ciò che più importa, tutto questo ampio monastero completamente costruì a sue proprie spese. Inoltre per soddisfare un pio voto della sua benemerita consorte, l’illustre madonna Tisbe, nell’illustre Castelo di Martinengo, costruì, adornò e doto il Monastero di S. Chiara. morì il nobile ed illustre Bartolomeo il 3 novembre 1475, e perciò in quel giorno, ogni anno i frati e le monache celebrino per l’anima di lui un ufficio, per non peccare d’ingratitudine».

L'affresco originale è rimasto all'interno di questo ambiente fino al 1913, quando fu staccato e venduto. Dopo diverse vicissitudini il dipinto centrale è ritornato, nel 1934, in terra bergamasca ed è conservato presso il "Luogo Pio della Pietà Istituto Bartolomeo Colleoni" di Bergamo. Il dipinto, che pare sia stato eseguito ancora vivente il Colleoni, è ora conservato nel Pio Luogo, a Bergamo, in Città Alta.

Le vele laterali di un profeta (Zaccaria?) e di un paggio (della corte del Colleoni?) sono tutt'oggi conservate presso il museo di Castel Sant'Angelo a Roma.

 

QUADRI

Quattro affreschi, staccati nel 1910 dal lato nord del chiostro, adornano la parete ovest della sala:

  1. Il BEATO ALBERTO D’ASOLA, inginocchiato davanti al crocifisso e a fianco la prospettiva del convento. La data ai piedi indica il 1497. Insieme all’affresco a fianco dell’Addolorata, si ritiene che l’autore sia Bartolomeo Vivarini, pittore veneziano morto nel 1499 che lavorò per gli stessi frati a Bergamo. Questa attribuzione è avvalorata dalla presenza nell’affresco dell’Addolorata delle iniziali B. V.
  2. L’Addolorata è del 1495. Si possono vedere i simboli che evocano la passione: i due staffili (fruste a strisce di cuoio), l’asta con la spugna, la scala.
  3. L’estasi di S. Francesco. Francesco riceve le stigmate. Lo stile è quello inconfondibile del noto “Maestro di Martinengo” (fine del ‘400).
  4. CHRISTUS PASSUS.
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Così chiamata perché attualmente si svolgono dei Capitoli generali della Sacra Famiglia, mentre anticamente era la Mensa del Convento con adiacente la Cucina.

Nella parete di fondo vi è la sinopia di una Crocifissione il cui autore è il Maestro di Martinengo, Antonio e Matteo ZAMARA.

Nell’affresco della Crocifissione, la parte centrale è stata strappata e venduta nel 1913. Originali sono rimaste le due figure laterali a destra e le due figure a sinistra. Al centro, vi è rappresentato il Cristo in croce con santi francescani. L’affresco della Crocifissione è stato ritrovato nell’Ottobre 2022 e si trova attualmente al MUSEUM FINE OF ARTS dello stato dell’UTAH.

ALLA SINISTRA: Santa Elisabetta d’Ungheria, terziaria francescana; San Luigi d’Angiò, vescovo di Tolosa, frate Minore morto a 23 anni nel 1297.

ALLA DESTRA: San Luigi IX re di Francia; vicino, San Bernardino, il cui monogramma spicca su tutta la volta della sala.

Anche nella Sala capitolare, si ritrova, sul lato ovest il simbolo del Colleoni.


I SUPERIORI GENERALI

Sulla parete nord sono allineati sei quadri del martinenghese Sergio Fasolini: da sinistra, la Fondatrice Santa Cerioli con il Convento sullo sfondo; padre Angelo Orisio e i quattro superiori generali della Congregazione della Sacra Famiglia a lui succeduti.

Sopra la porta della Sala Capitolare, ancora un’opera del Fasolini, del 2001: la Trinità.

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Per i frati il tempo veniva segnato dai riflessi sulle meridiane sotto i chiostri. Le due meridiane del chiostro, sono del 1738 e, come altre che esistono in provincia dello stesso periodo, sono chiamate “a riflesso”. Questi orologi sono di notevole importanza poiché piuttosto rari in Italia.

L’autore era probabilmente un frate perché queste meridiane che esistono in Provincia, sono state fatte nei conventi dell’Ordine francescano.

La lettura avveniva per riflesso, sfruttando cioè la derivazione dei raggi solari operata da una superficie riflettente, appoggiandosi a una notissima legge fisica, secondo la quale l’angolo di riflessione della luce su una superficie piana è uguale all’angolo di incidenza.

Non poche volte venivano dipinti sulle pareti sottostanti alle meridiane, in zone riparate dalle piogge e con intonaci liscissimi, interi sonetti allusivi alle ore e alla vita umana. Ciò si verifica anche nelle nostre meridiane.

La seconda meridiana di questo chiostro, anch’essa del 1738 e con le stesse caratteristiche di quella precedentemente vista.

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Alcune colonne, sui capitelli bianchi del corridoio Est portano lo stemma originario del Colleoni, solo o unito ai gigli angioini, come possiamo notare nella terza colonna. La quarta colonna ha il capitello con testa di donna. Potrebbe trattarsi di Tisbe, moglie del Colleoni.

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Tra i lavori di recupero e valorizzazione del Convento (anno 2020) è stata riaperta  l’antica porta che, nel lato meridionale del Chiostro, portava nella campagna circostante. 
L'intervento ha permesso di ricavare un ampio spazio per  conferenze, chiamata <Sala del Chiostro>.
La Sala, collocata in questa splendida cornice, è messa a servizio dei Visitatori, utilizzata per gli Incontri della Scuola e per eventi di ogni genere.
 
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L’opera scultorea in bassorilievo vuole suggerire l’importanza della presenza in questa casa del mistero di Betlemme e di Nazareth. Essa rappresenta il nucleo spirituale essenziale che anima la vita e l’opera dei religiosi della Sacra Famiglia.

Per vocazione i consacrati della Sacra Famiglia intendono essere strumenti qualificati dell’accoglienza di Gesù nella loro famiglia -in quanto fraternità- per donarlo al mondo come promessa e garanzia dell’efficacia della Paternità e Maternità del Padre per tutte le persone.

Nel mondo, così come nelle nostre stesse contrade, è ignorato il desiderio sovrano di Dio di essere alleanza indefettibile per la vita di tutti e molte persone e molti piccoli lottano disperatamente contro l’abbandono e la solitudine anche perché, al di là della miseria e deprivazione materiali in cui versano, non fruiscono della compagnia samaritana di Gesù, parola e sacramento di vita piena (Gv 10,10) che il Padre ha donato in particolare proprio a loro per tenere viva la speranza di un futuro migliore.

Il disegno del Padre su ogni persona, mentre è vivificato in loro dallo Spirito Santo, è anche il destino più promettente da attuare vocazionalmente nel solco del modello “straordinario”, ma personalizzabile, dei tre personaggi di Gesù, Maria e Giuseppe. In quanto modelli originari della spiritualità della nostra vita essi sono carichi di benedizione e insieme normativi per l’intera esistenza dei religiosi della Sacra Famiglia oltre che per quella di tutti i cristiani.

Soffermiamoci, dunque, su questo mistero plasticamente proposto alla nostra contemplazione da quest’opera d’arte che lo scultore G. Benevelli plasma in un sobrio ma efficace recupero figurativo della sua tradizione solitamente più simbolica e più profana.

Al centro di tutta la scena evangelica (Lc 2) e carismatica (P.E. Cerioli, Le Regole I, 124)  si staglia la Famiglia Santa di Nazaret proposta in un momento particolarmente significativo del suo vivere quotidiano: Giuseppe staziona al banco della bottega artigianale con Maria che partecipa trepida  al lavoro del marito e stupisce di fronte al “gioco” del Figlio che incrocia alcuni legnetti a significare il destino di suprema donazione che attende la sua vita e anche quella dei suoi genitori (cf Luca 2,33-35); offerta di sé realizzabile nell’obbedienza amorevole simboleggiata dall’ingenuità solenne della postura del ragazzo e dalla  corporeità trasfigurata dell’adesione di Maria e Giuseppe.

Il destino di queste vite, interpretato secondo la chiave di lettura teologica propria dei vangeli che trattano dell’infanzia di Gesù (Mt e Lc), appare minacciato da dense nubi nere, oppressive e deresponsabilizzanti se non fossero trapassate dalla luce vincente e calda della Provvidenza del Padre. Questa luce scalda e illumina, ma non toglie le nubi dalla scena della vita di Gesù, Maria e Giuseppe, né cambia modo di attuazione -attraverso la croce- della loro vocazione; essa dà fondamento alla speranza che, nella fede, si può avere fiducia concreta che essa è opera provvidenziale che viene dall’alto (da fuori del quadro della rappresentazione: l’angelo! (7o riquadro); viene dal cielo, cioè da Dio Padre a cui possiamo affidarci.

L’angelo che scende dall'alto annuncia e custodisce il buon proposito della Paternità universale di Dio che è anche maternità premurosa ed affettuosa per tutto il mondo e in particolare per i piccoli senza avvenire. Indica la luce (illumina); regge il simbolo dell'efficace paternità d'amore di Giuseppe (il giglio) e governa l'equilibrio complessivo di una storia di promesse, di sfide e di miracoli sempre attuali (l’arco della volta che condensa ed esalta l’armonia di tutti gli archi del chiostro).

Tutta l’azione salvifica e premurosa del Padre si rivela arcanamente nel presepe di Betlemme (1o riquadro); nell’urgenza di spargere per il mondo intero la Buona Notizia come è sottolineato dall’ epifania ai Magi (2o riquadro); nel dolore che si è chiamati ad individuare ed a lenire quando e dove si perpetua la strage di tutti gli innocenti martirizzati nella sequela infinita di aberranti violenze e deturpazioni dell’immagine di Dio che ogni volto di bambino custodisce ed esprime (3o riquadro).

Dare avvenire a che è senza futuro è l’opera sovrana di Dio Padre che si perpetua attraverso l’azione profetica di anime scelte dalla Provvidenza per il bene dell’umanità: come quella della Cerioli (4o riquadro) e del p. Orisio (5o riquadro), i quali nell'avviare e nel rianimare la vita della Congregazione della Sacra Famiglia hanno contribuito da eroi spirituali a edificare la Chiesa e a diffondere la sua vitale speranza nel mondo (Europa, America ed Africa) (6o riquadro).

A motivo della loro forza testimoniale noi, ora, li invochiamo intercessori presso gli Augusti personaggi di Nazareth per poter prendere con coraggio ed entusiasmo il testimone del loro testamento di umiltà, di amore, di gratuità, di generosità e di solidarietà che hanno saputo leggere e ritradurre nell'attualità del tempo, dopo averli mutuati dalla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Compito arduo che vogliamo esprimere insieme e collaborativamente, per far palpitare la fede della profezia del Vangelo; compito benefico per il cammino di un popolo (la Chiesa) che sa cercare e condividere la serenità della vita attraverso la comunione e la solidarietà; compito che noi facciamo nostro ancora una volta, illuminati e sostenuti dalle parole della nostra Madre Fondatrice e dalla luce della risurrezione (8o riquadro).



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